Oprah Winfrey ha registrato recentemente un'intervista esclusiva a Katherine Jackson.
Sul principale forum italiano dedicato al Re del Pop è stata pubblicata la traduzione, che riporto di seguito.

——————————

OW: Grazie tante per avermi invitata a casa tua!

KJ: Prego, è un piacere…

OW: Sei bellissima in blu!

OW: Dunque, è questa la famosa Hayvenhurst?

KJ: Credo proprio di sì. Siamo qui da 40 anni…

OW: 40 anni in questa casa?

KJ: Sì

Nel 1949 Katherine, la figlia di un operaio metallurgico, sposò Joe Jackson in un paesino alle porte di Gary, Indiana. Per i 17 anni a venire allevarono 9 bambini in questa casetta di 4 camere con un solo bagno. Soldi ce n’erano pochi, ma tutto questo cambiò quando Marlon, Tito, Jackie, Jermaine e Michael divennero i Jackson Five. Questi principi del pop girarono il mondo e vendettero più di 250 milioni di album. Nel 1971 i Jacksons lasciarono le loro umili origini in Indiana e si trasferirono in questa proprietà ad Encino, in California, conosciuta come Hayvenhurst.

OW: Dunque, siamo sedute nella casa dove, 40 anni fa, hai portato la tua famiglia per creare questa vita del tutto nuova in California. Com’era la vita allora? Com’è stato trasferirsi in questa casa? Immagino che passare da quella casetta di 4 stanze a questo posto, deve esserti sembrato…un palazzo!

KJ: Infatti!

OW: Quali sono i ricordi più profondi che hai di Michael mentre cresceva in questa casa?

KJ: Lui e suo fratello Randy sono cresciuti insieme. Così uscivano ed andavano a

provare, abbiamo anche uno studio qui…Scrissero…(sorride) “Dancing Machine.”

OW: Scrissero “Dancing Machine” qui?

KJ: Sì

OW: Quando siete arrivati in questa casa, eravate già alquanto famosi…Quell’era l’epoca in cui speravo diventassi mia suocera, lo sapevi? Perché ero innamorata di Jackie Jackson, era il mio Jackson preferito…

KJ: Mi fa ridere sta cosa…

OW: Ero solita guardare il cartone animato dei Jacksons ed ogni volta che vedevo i Jackson 5, pensavo, “Sposerò Jackie Jackson! Voglio sposare Jackie Jackson!” Beh, non è successo, ma ad ogni modo… Allora cosa desideravi per i tuoi figli e la tua famiglia?

KJ: Volevo semplicemente che diventassero dei bravi cittadini e dei buoni padri, cosa che in realtà sono, ognuno di loro…

OW: Hai scritto questo libro per lui, come un saluto, come un semplice omaggio, s’intitola “Never Can Say Goodbye”. Perché hai voluto farlo?

KJ: Ho voluto farlo per i suoi fans e per la gente che lo ha frainteso. Ho semplicemente raccontato storie su di lui…

OW: Pensi che (Michael) sia stato incompreso?

KJ: Sì

OW: Quando ho sfogliato questo libro composto di tante foto di famiglia, per molti di noi inedite, questa è l’immagine che mi ha colpito maggiormente, perché è così che io lo ricordo. Invece, tu come lo ricordi principalmente? Quando pensi a tuo figlio…Michael Jackson, è questo il ritratto che vedi nella tua mente?

KJ: Penso a mio figlio tutto il giorno, non mi piace parlare di lui perché non riesco, le emozioni mi soffocano…(si commuove) E’ buffo…Da quand’era un neonato tra le mie braccia, quando ho scelto il suo nome insieme a mia madre, fino a quando è cresciuto…è questo quello che mi ritorna in mente, ogni giorno…sì, è così…

OW: Ti ho fatto questa domanda in quanto, non avendo avuto personalmente dei figli, mi chiedevo se una madre serbasse nel cuore un’immagine specifica del proprio bambino…

KJ: Sì

OW: E si tratta del viso di quel ragazzino?

KJ: Sì e a volte durante il giorno, riesco a sentire la sua risata nella mia mente. Prendeva sempre in giro tutti, rideva sempre, si divertiva con i fratelli mentre provavano oppure si preparavano per partire, cose del genere, faceva sempre scherzi, era un…

OW: Burlone?

KJ: Già…

OW: Ricordo quando lo intervistai nel 1993, quando andammo in diretta internazionale ed ero così nervosa, l’unica cosa sulla quale avemmo delle divergenze fu che lui non voleva che mostrassi sue immagini da teenager…

KJ: Perché era iniziato a cambiare…

OW: Sì, perché era iniziato a cambiare e non si piaceva…

KJ: Da adolescente…

OW: Già, diceva, “Non voglio che le mostrate”, ed io, “Perché? Bisogna far vedere quelle immagini!” e lui, “Perché sono brutto!” Si vedeva brutto…

KJ: Già, mi sentii così male per lui quando attraversò quella fase…

OW: Ha mai condiviso con te questi problemi?

KJ: Sempre

OW: Cosa ti diceva?

KJ: Diceva, “Sono così brutto! Non voglio uscire” Per una madre tutti i suoi figli sono sempre belli…così, un giorno, decise. Si alzò e disse, “Vado a rifarmi il naso! E’ troppo grande!” Un giorno si decise, e se ne andò. E quando cercai di capire dov’era andato, scoprii che si era sottoposto ad una plastica al naso. Pensava che avrei cercato di dissuaderlo, così andò a rifarselo…

OW: Cosa ne pensavi?

KJ: Beh, se era quello che voleva, se ciò lo rendeva felice…Perché era così triste. Pensava di essere così brutto. Così lo fece.

OW: Dev’essere stato difficile per te, come madre…

KJ: Molto, molto difficile…

OW: Quando ha continuato a sottoporsi ad altri interventi, cambiando il suo aspetto, sentivi di potergli dire qualcosa in merito?

KJ: Ha subito tutte quelle operazioni al naso ma non ad altre parti del viso, eccetto che per la sua vitiligine. Diceva di non voler iniziare a sembrare una mucca chiazzata così si fece tutto, non so come fece, ma fece tutto, tranne le parti coperte dagli indumenti, quelle continuavano a cambiare, le gambe ecc.

OW: Erano macchiate?

KJ: Sì, ma riuscì a cambiare questa parte del corpo (indicando il torace) e le braccia. Non ho la più vaga idea di come fece a cambiare, ma lo fece.

OW: Ma per quanto concerne il suo aspetto, il pubblico l’ha visto letteralmente trasformarsi, a noi sembrava che continuasse a sottoporsi ad interventi ma, se non ricordo male, quando lo intervistai mi disse di averne subiti solo 2…

KJ: Ne ha subiti più di 2, era semplicemente imbarazzato…

OW: Si vergognava di dire quanti ne avesse subiti realmente?

KJ: Sì

OW: Ma quando ha continuato a cambiare il suo aspetto, a cambiarsi il naso, rendendolo sempre più piccolo, più piccolo…

KJ: Ad un certo punto era come uno stuzzicadenti…sì, pensavo fosse troppo piccolo…

OW: Sentivi di poter dire qualsiasi cosa ai tuoi figli, in particolar modo a lui, sentivi che se qualcosa non andava, come in questo caso il suo continuo cambiare d’aspetto, sentivi di potergli dire, “Michael, basta!”

KJ: Sì, ma…ho sentito dire che ci sono persone che sviluppano una dipendenza dalla chirurgia plastica e penso che sia ciò che è successo a lui…Perché gli avevo detto, “Basta! Perché continui?” ed ho finanche parlato con un suo chirurgo plastico, gli dissi, “Se viene da te con l’intento di operarsi al naso, digli di averlo fatto, fai la stessa cosa, ma non cambiarlo…Digli, “Ok, ho finito.”

OW: Quindi hai parlato con il suo chirurgo?

KJ: Sì

OW: Ma non ti hanno ascoltato?

KJ: No

OW: Sai, ho parlato con Lisa Marie Presley recentemente…e credo sia stata un’intervista bellissima, perché per la prima volta ho capito che lo ha davvero, davvero amato.

KJ: E’ così…

OW: Cosa pensavi di loro? Le dissi che nessuno di noi sapeva cosa pensare di quel matrimonio…Tu cos’hai pensato quando Michael ti disse di essersi sposato con Lisa Marie Presley?

KJ: Fu una sorpresa per me…mi chiamò dopo averla sposata, mi telefonò e mi disse, “Ora te la passo…”, me la passò e pensai, “Non è lei!” e lui, “Ti dico di sì!” Non sembrava lei, aveva un vocione, non ne ero al corrente, (bisbigliando) sembrava una ragazza di colore…

OW: (ridendo) “Sembrava una ragazza nera”, puoi anche dirlo ad alta voce…

KJ: OK…Dissi, “Quella non è Lisa Marie” e lui, “Sì, è lei, mamma.”

OW: L’avevi mai incontrata prima?

KJ: No, non avevo incontrato Lisa prima, l’avevo vista ma…

OW: Dunque, la sposò senza averla portata prima a casa di sua madre?

KJ: Sì

OW: Una delle cose che (Lisa) ha condiviso con me è che l’amore che Michael provava per te era incondizionato. Non c’era nulla che non avesse fatto per te. Anche tu eri consapevole di questo?

KJ: Sì, e tutti quelli che lo conoscevano mi dicevano la stessa cosa… anch’io lo sentivo ed anch’io lo amavo veramente…

OW: Era proprio un ragazzo che adorava la sua mamma!

KJ: (ridendo) Sì, devo ammetterlo

OW: E’ stato uno shock per te? Il 25 giugno?

KJ: O Dio…(commuovendosi) Sì…Il peggiore giorno della mia vita…

Il 25 Giugno 2009 viene fatta una telefonata al 911 da questa villa di L.A.
“Ho bisogno di un’ambulanza il prima possibile.”
All’interno, Michael Jackson è privo di sensi.
“Abbiamo un signore qui che ha bisogno di aiuto ed ha smesso di respirare. Non respira. E abbiamo bisogno, stiamo cercando di rianimarlo ma non, non…” “OK”
Secondo il rapporto del coroner, il sangue di Michael conteneva una concentrazione letale di Propofol, un potente anestetico generalmente somministrato solo in ambienti ospedalieri. Il Dr. Conrad Murray, forse l’ultima persona ad aver visto Michael vivo, tenta di praticargli un massaggio cardiaco.
O: “Qualcuno l’ha visitato?” C: “Sì, abbiamo un medico personale qui” O: “Ma qualcuno ha visto cos’è successo?” C: “Uh, no. Solo il dottore. Il dottore era l’unico presente.”
Troupe televisive scrutarono la scena.
“MJ. Fonti dichiarano sia stato trasportato urgentemente in ospedale…”

OW: Dove ti trovavi?

KJ: In mattinata ero andata a svolgere il “servizio pionieristico” e Joe mi chiamò…

OW: Servizio pionieristico?

KJ: Sono una Testimone di Geova

OW: Servizio pionieristico significa che vai porta a porta?

KJ: Sì, ma questo è successo prima…

OW: Lo fai ancora!?

KJ: Sì. Quando tornai a casa, ricevetti una telefonata, mi dissero di recarmi in ospedale. Ma nel frattempo, Joseph mi aveva già chiamato dicendomi di aver visto qualcuno lasciare la casa di Michael, in ambulanza, con il corpo tutto coperto…Ho pregato durante tutto il tragitto fino all’ospedale…Puoi immaginare come mi sentivo, il cuore mi è collassato. Così mi chiamarono dicendo: “Vieni all’ospedale, Michael è in ospedale.” Era già morto allora, ma non me lo dissero. Mi recai lì e mio nipote continuava a ripetermi, “Prega, zia K, prega che tutto sia ok!”

OW: In cuor tuo sapevi?

KJ:In un certo senso lo avvertii, ma speravo che non fosse così…

OW: E poi quando ti hanno detto, “Vieni all’ospedale, si tratta di Michael…”

KJ: Mi dissero che stava male, non mi dissero che era morto. Volevano che venissi in ospedale.”

OW: Quando sei arrivata in ospedale, chi te l’ha detto?

KJ: Hanno fatto in modo che me lo dicesse il dottore. Abbiamo atteso a lungo prima che venisse a dirmelo, suppongo che nemmeno lui volesse dirmelo. Ma fu il medico a dovercelo dire, il Dr. Murray.

OW: Te lo disse il Dr. Murray?

KJ: Tergiversava, si dilungava, fino a quando gli chiesi, “Allora, cos’è successo? Come sta? Ce l’ha fatta?” rispose, “No, se n’è andato.” E’ tutto quello che ricordo. Mi dispiace.

OW: No, dispiace a me, dispiace a me. Chi era con te?

KJ: Mio nipote, ecco chi era con me. I bambini erano lì, i suoi bambini, ma erano in un’altra stanza, non sapevo che si trovavano lì, così me li portarono e quello fu il momento peggiore…

OW: I suoi bambini…Prince, Paris e…

KJ: …il piccolo. Piangevano. Temevo che Paris stesse per svenire…Continuava a ripetere, “Papà, non ce la posso fare senza di te!”

KJ: “Voglio andare via con te!” Mi sentivo così male per loro…

OW: Chi lo disse ai bambini?

KJ: Qualcuno glielo aveva già detto perché quando entrarono piangevano.

OW: Quindi, qualcuno glielo aveva detto…

KJ: Sì, qualcuno l’informò.

OW: Così Paris diceva, “Voglio stare con te”?

KJ: “Voglio andare via con te! Non voglio vivere senza di te…”

OW: E’ davvero molto, molto difficile…

KJ: E’ stato così triste…

OW: Poi hai cercato di mettere insieme i pezzi ed hai scoperto, all’epoca, che si trattava di una presunta overdose da farmaci. Ne sei rimasta scioccata?

KJ: Non scoprii questo, scoprii che si trattava di Propofol. Penso si trattasse di un’overdose di Propofol, un farmaco utilizzato durante gli interventi chirurgici per anestetizzarti…

OW: Già, è un anestetico…

KJ: Esattamente

OW: E’ stata quella la prima volta in cui hai sentito che assumeva…

KJ: Sì, la prima volta.

OW: Dunque, Sig.ra Jackson eri consapevole del fatto che assumesse farmaci? Per dormire oppure per sentirsi più equilibrato, affrontare la giornata…N’eri al corrente?

KJ: No, ma ricordi quando si ustionò la testa e dovette assumere quei farmaci? Ci è voluto molto tempo prima che capissi che n’era diventato dipendente.

OW: Quindi divenne farmaco-dipendente in seguito all’ustione della Pepsi, divenne dipendente da antidolorifici…

KJ: Già, esattamente

OW: Ma questo è stato molto tempo prima che scoprissi la sua dipendenza?

KJ: Sì

OW: Ora, quando Janet è stata ospite della mia trasmissione, disse che la famiglia aveva tentato d’intervenire con lui… Tu lo sapevi questo?

KJ: Sì, me lo dissero, furono i bambini a riferirmelo…

OW: …Che avevano cercato d’intervenire…

KJ: …che avevano tentato di prenderlo e portarlo in un centro di disintossicazione o qualcosa del genere, per cercare di purificarlo…

OW: Hai mai parlato con lui della sua “dipendenza”?

KJ: Gliene parlai una volta, quando lo scoprii, ma negò tutto.

OW: Te lo negò?

KJ: Sì. Gli dissi che non volevo apprendere, un giorno, che era morto per overdose perché mi avrebbe spezzato il cuore ed ucciso. Ma continuava a ripetere di non essere dipendente, diceva, “Madre, non mi credi?”, ripeteva, “Mia madre non mi crede.” Si dice che siano “in negazione” quando ti dicono così.

OW: C’era una parte di te che voleva credergli pur essendo consapevole della verità?

KJ: Beh, c’era una parte di me che voleva credergli, ma non gli ho creduto.

OW: Non gli hai creduto?

KJ: No, no.

Nel 2005 MJ affrontò un processo per esser stato accusato di aver molestato un ragazzo 13enne. Dopo 5 mesi Michael fu dichiarato non colpevole per tutti i capi d’accusa.

OW: Quello che credo fu più notevole fu che durante il processo del 2005 tu eri presente in quel tribunale ogni singolo giorno. Com’è stato per te?

KJ: Non fu difficile per me perché era il mio bambino ad essere processato e so che era innocente. La cosa più difficile era l’eventualità che la giuria lo mandasse in prigione, è stato così difficile. Ho pregato affinchè la verità venisse a galla. Pensavo, “Se solo sapessero la verità, potrebbe andarsene da quel tribunale.” Ed è quel che è successo. Ma, non riesco a parlare…Non riesco nemmeno a parlare di quell’orribile periodo perché fu davvero un periodo difficile per lui. Sento che per tutta la vita abbia dovuto passare cose simili e non facevano che mentire su di lui…

OW: Quindi, non hai mai pensato, nemmeno per un istante, che potesse essere colpevole di aver molestato un bambino?

KJ: No, non l’ho mai pensato perché so che non avrebbe mai potuto farlo. Amava i bambini, era sempre con loro e questo è stato l’unico modo in cui queste persone, quelli lì fuori che l’hanno fatto e sono ben consapevoli di chi sono, io non faccio nomi, ma loro sanno chi sono…Quello era l’unico modo per far credere alla gente che avesse fatto qualcosa perché era sempre in compagnia di quei bambini. Michael diceva sempre, “Madre, perché mi accusano per la cosa che amo di più? Mi taglierei le vene piuttosto che ferire un bambino.” Lo diceva sempre.

OW: Come stava in quel periodo? Riguardando i filmati di quell’epoca, ad un certo punto, quando entrava in tribunale, sembrava essere un po’ assente, forse assumeva farmaci, chi lo sa…Ricordi quel giorno in cui arrivò indossando quello che sembrava essere un pigiama?

KJ: Beh, arrivò in pigiama perché si era recato in ospedale in seguito ad una caduta avvenuta prima della pausa del giorno. Cadde, così dovette essere portato d’urgenza in ospedale, cosa che ci avrebbe fatto un po’ ritardare. Il giudice disse, “Se non vieni qui in un determinato tempo, ci terremo tutti i soldi della cauzione,” che se non ricordo male ammontava a 3 milioni di dollari. L’avrebbero tenuta tutta senza restituirgliela. Così l’avvocato chiamò e gli disse, “Vieni subito qui!” E’ per questo che giunse in pigiama così com’era uscito dall’ospedale.

OW: Il processo lo cambiò?

KJ: Sì

OW: Dimmi come…

KJ: Perché era solito fidarsi della gente, il suo problema era che si fidava troppo e dopo quel processo non si fidava più di nessuno.

OW: Davvero?

KJ: Mi diceva sempre, “Madre, non mi fido di nessuno. L’unica persona di cui mi fido sei tu.”

OW: Cos’è che vorresti dire al Dr. Conrad Murray?

KJ: Ci ho pensato, migliaia di volte…Cosa gli direi? Perché non si è preso cura del mio bambino? Perché ha lasciato la stanza e perché gli ha dato quella roba? Se era pericoloso, perché l’hai fatto?

OW: Pensi che abbia ucciso tuo figlio?

KJ: Non posso accusarlo di omicidio, non so se l’abbia fatto accidentalmente o intenzionalmente, non voglio addentrarmi n questo argomento. Ho le mie opinioni ma non voglio dirle.

Ecco gli ultimi aggiornamenti sul Dr. Murray. E’ accusato di omicidio colposo e si è dichiarato non colpevole. Tornerà in tribunale a gennaio. Qualora venisse incriminato, potrebbe scontare fino a 4 anni in galera.

OW: Tutti abbiamo sentito dire il proverbio: “Il tempo guarisce ogni ferita” E’ stato così per te nel caso della perdita di tuo figlio?

KJ: No, per niente, non credo che sarà così. Penso che non guarirò mai. Andrà meglio ma alcuni giorni è come se fosse appena successo.

OW: E’ stato così per te?

KJ: Sì. Ogni volta che parlo di Michael mi commuovo. Fa male, fa davvero male.

OW: Così ora stai crescendo i suoi figli?

KJ: Sì

OW: Quanto spesso vedevi i bambini? Li conoscevi bene?

KJ: Li conoscevo. Non posso dire che li conoscevo molto molto bene, ma li conoscevo abbastanza. Li andavo sempre a trovare, proprio come tutte le nonne…

OW: Cosa pensavi riguardo a come li cresceva? Tutto quello che il mondo sapeva su come stesse crescendo i suoi bambini, risaliva all’epoca in cui Blanket fu fatto penzolare dalla finestra e i bambini andavano in giro mascherati. Tu cosa pensavi delle maschere?

KJ: Non le approvavo, non gli dissi niente al riguardo, ma poi è stata la madre biologica a dirmi che era stata una sua idea, non di Michael.

OW: Davvero? Quella di coprirli?

KJ: Sì

OW: Presumo non lo approvassi perche non la ritenevi una cosa buona per lui o per loro…

KJ: Consideravo quello che la gente poteva pensare, so come la pensa, le cose brutte che potevano dirgli…

OW: Dimmi, se puoi, com’è stato, perché i bambini sono stati portati in questa casa immediatamente, la sera stessa in cui è morto, giusto?

KJ: Sì, immediatamente

OW: Dev’essere stato traumatico! Traumatico, perché tu dovevi fare i conti con il tuo ed il loro dolore, praticamente tutta la casa piangeva…Chi ti ha dato la forza di superare tutto questo?

KJ: Sai cosa mi spezzò il cuore più di ogni altra cosa a questo mondo? Quando le persone all’ospedale ci dissero, “Potete andare adesso” e Paris mi chiese, “Nonna, e noi dove andiamo?”…Mi spezzò il cuore…Risposi, “Venite a casa con nonna, non vuoi?” e lei, “Sì, è esattamente dove vogliamo andare…”Ma quando mi disse quella frase, Dio, è stato troppo!

OW: “Nonna, e noi dove andiamo?” Così li portasti a casa, dove con te abitavano già alcuni figli di Jermaine e di Randy….Come hai fatto a farli integrare? E’ successo naturalmente oppure…

KJ: No, è successo spontaneamente…Hanno legato subito, dal primo minuto che sono arrivati qui hanno legato, si sono divertiti tanto. I bambini hanno fatto tante cose che non avevano fatto prima, come andare in campeggio. Andammo a comprare delle tende in modo che potessero piantarle in giardino…Hanno fatto molte cose insieme e qualsiasi cosa volessero fare, all’epoca, l’ho fatta per loro perche il loro papà, tutto il loro mondo, se n’era andato, conoscevano solo Michael. Mi ha semplicemente spezzato il cuore…

OW: Sig.ra Jackson, penso sia incredibile che tu abbia questi bambini che sono letteralmente vissuti nel loro piccolo mondo di MJ…Sei stata tu a decidere che dovevano integrarsi in una scuola normale anziché continuare a venir istruiti a casa?

KJ: Sì, me ne hanno parlato, ne abbiamo parlato e ne abbiamo discusso con i bambini. Paris disse di non voler andarci, mentre Prince sì. Poi, dopo che Prince aveva deciso di voler andare, lei andò a visitare la scuola e se ne innamorò, così anche lei voleva andarci. Il più piccolo, che è Blanket diceva che non ci sarebbe mai andato ma, adesso che i bambini tornano e raccontano di essersi divertiti tanto con gli amici e gli amici vengono a casa, dice di volerci andare anche lui. Quindi, forse l’anno prossimo, andrà pure lui.

OW: Che classe dovrebbe frequentare l’anno prossimo?

KJ: Blanket? Blanket frequenterà la quarta l’anno prossimo.

OW: Pensi che sia pronto per andarci? Vuoi che vada?

KJ: Non penso che per lui sia ancora il momento di andare, perché è semplicemente timido, molto timido.

OW: Pensi che sia un bene per i bambini essere esposti al pubblico e non mascherati? Credi che sia un bene?

KJ: Sì e penso che anche loro lo apprezzano. Non me l’hanno mai detto, però…credo di sì.

OW: Come diresti che se la stanno cavando?

KJ: Molto bene, molto bene

OW: Parlano mai di quanto gli manchi il loro papà? Sono in grado di condividerlo con te o temono di rattristrarti troppo?

KJ: A volte. Dicono cose del tipo, “Papà farebbe questo, papà farebbe quello”, dicono sempre, “Così faceva papà!” Paris è molto emotiva e parla sempre di lui ma, è forte. Tutte le foto sulle pareti della sua stanza sono di Michael. Non capisco come faccia a guardarle in quel modo, senza piangere, io non ci riesco…

OW: Dunque, hai intitolato il libro “Never Can Say Goodbye-The Katherine Jackson Story”…Pensi a lui tutti i giorni?

KJ: Ogni giorno, non passa giorno, neanche un giorno. A volte cerco di scuotermi per non pensarci, ma non ci riesco…

OW: Lo pensi sempre con tristezza oppure…

KJ: A volte, lo penso con un sorriso…Ripenso alle cose che era solito fare quand’era bambino, ad alcune battute che era solito raccontare…ma è sempre nella mia mente.

OW: Pensi che stia con te?

KJ: Il suo ricordo…ed ho un sacco di bei ricordi, questa è una cosa che non potranno mai portarmi via…